lunedì 12 maggio 2014

La bella e la bestia


La riflessione sulla centralità della simulazione attoriale è qualcosa che torna spesso e volentieri nelle tappe della teoria del cinema. Nel suo Lo specchio e il simulacro, ad esempio, Paolo Bertetto prende in considerazione una sequenza di King Kong (1933) di Cooper e Schoedsack[1]: è quella in cui l’attrice (protagonista del film d’avventura che dovrà essere girato sull’isola misteriosa) prova una scena nella quale deve simulare lo spavento di fronte a qualcosa di terribile e ignoto che in quel momento è solo immaginato. La recitazione della ragazza è la semplice ripetizione delle istruzioni del regista e ci fa comprendere come l’attore, nel cinema, sia spesso una materia da plasmare.

Bertetto scrive: “Nella simulazione davanti alla macchina da presa, l’attore delinea un tratto visibile, generalmente in movimento, che si stacca dall’attore e si fissa nella pellicola. La sua simulazione ha trovato una iscrizione oggettivata nel supporto e si è in un certo senso costituita come altro, fissando una configurazione visivo-dinamica per il film. L’inserimento della simulazione nel film, infatti, implica un’estraniazione della simulazione e una sua mascheratura […] Diversamente dall’esperienza teatrale, dove l’interpretazione dell’attore si realizza e si conclude ogni volta, nel cinema l’azione, che sembra più fragile, ed è sicuramente più frammentata e opinabile, diventa paradossalmente un’iscrizione permanente. Così mentre l’azione teatrale ha una temporalità interna e una esterna che finiscono con l’identificarsi, nel cinema la temporalità della simulazione e quella dell’apparente simulato, iscritto nel testo filmico, sono radicalmente diverse”[2]. È per questo che quando la nostra eroina incontrerà realmente King Kong le cose andranno diversamente; per noi spettatori del film - rispetto alla sequenza della prova - solo allora la simulazione diverrà effettiva finzione: in un certo senso, più vera del vero.


[1] Cfr. Paolo Bertetto, Lo specchio e il simulacro. Il cinema nel mondo diventato favola, Bompiani, Milano 2007, cap. 2.3. King Kong.
[2] Ibid., pp. 59-60.



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