martedì 24 febbraio 2015

Cinque zampe sono meglio di quattro

Toro alato con testa umana (sec. VIII a. C.). Parigi, Louvre.

L'arte mesopotamica è stare di fronte o stare di lato convivendo con la stessa forma di visione e con lo stesso impianto naturalistico. Non importa se poi la somma contraddice le caratteristiche di quegli esseri viventi; accertarsi che non ci sia fraintendimento, che si guardi da una parte o che si guardi dall'altra.
Con una doppia veduta raggiungiamo sempre l'essenza delle cose.

domenica 8 febbraio 2015

"E allora, chi sono io?" Le parole e le cose.



"[...] Arrivò subito a una pianura, con un bosco dall'altro lato: sembrava molto più oscuro dell'ultimo bosco, e Alice ebbe paura di entrarci. Però, ripensandoci meglio, decise di andare innanzi: «Perchè certamente non ritornerà più» essa si diceva, e quella era l'unica via per l'Ottava Casella.
- Questo dev'essere il bosco, - disse meditabonda, - dove le cose non hanno nomi. Chi sa che sarà del mio, quando c'entrerò! Non mi piacerebbe di perderlo... perchè dovrebbero darmene un altro, e certo sarebbe brutto. Sarebbe divertente trovare la creatura che portasse il mio vecchio nome. Proprio come i manifesti quando la gente perde i cani: «Risponde al nome di Menelik: aveva un collare d'ottone»; figurarsi, chiamare ogni cosa che s'incontra «Alice», finchè una risponde. Ma se fosse savia, non risponderebbe affatto.
Divagava a questo modo, quando raggiunse il bosco, che le sembrò molto freddo e ombroso. «Ma ad ogni modo è un gran conforto, - si diceva entrando sotto gli alberi, - dopo tanto caldo, entrare nel... nel... che cosa?» ella continuò, piuttosto sorpresa di non poter trovar la parola. «Vado sotto il... sotto il... sotto questo, sai» e mise la mano sul tronco dell'albero. «Chi sa come si chiama! Credo che non abbia nome... sì, certo, non l'ha.»
Stette silenziosa per un minuto a pensare; e poi ricominciò: «E allora è realmente accaduto, dopo tutto. E ora, qual è il mio nome? Voglio ricordarlo, se posso. Sono proprio decisa.» Ma l'essere decisa non significava nulla, e tutto ciò che poté dire, dopo molto scervellarsi, fu: «Al, so che comincia per Al.»
Proprio in quel punto venne a passare una cerva, che guardò Alice coi suoi grandi gentili occhi, ma non sembrò per nulla impaurita.
- Qua, qua! - disse Alice, sporgendo la mano e provando a carezzarla.
Ma quella diede un piccolo balzo, e poi la guardò calma di nuovo.
- Come ti chiami? - disse finalmente la Cerva, con una soavissima voce.
«Vorrei saperlo», pensava la povera Alice, e rispose tutta rattristata:
- In questo momento, nulla.
- Pensaci ancora, - disse la Cerva, - così non può essere.
Alice pensò ancora, ma non venne a capo di nulla.
- Per favore, e tu non puoi dirmi come ti chiami? - ella disse timidamente. - Forse m'aiuteresti a ricordare il mio nome.
- Te lo dirò, se vieni un po' più oltre, disse la Cerva. - Qui non posso ricordarlo.
Così esse viaggiarono insieme per il bosco, Alice con le braccia strette affettuosamente intorno al morbido collo della Cerva, finchè non arrivarono in un'altra pianura, dove la Cerva balzò improvvisamente in aria e si liberò dal braccio di Alice.
- Io sono una Cerva, - esclamo con voce di gioia. - E povera me, tu sei una creatura umana.
Tosto uno sguardo di sgomento apparve nei suoi begli occhi bruni, e l'istante dopo essa s'era slanciata lontano a grande velocità.
Alice la seguì con lo sguardo, lì lì sul punto di scoppiare in lagrime per aver perduta così improvvisamente quella piccola compagna di viaggio.
«Però, so il mio nome ora, - ella si disse: - questa è una consolazione. Alice... Alice... non lo dimenticherò più [...]»."


Brano tratto da Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò di Lewis Carroll