"[...] Arrivò subito a una pianura, con un bosco dall'altro lato: sembrava molto più oscuro
dell'ultimo bosco, e Alice ebbe paura di entrarci. Però, ripensandoci meglio, decise di
andare innanzi: «Perchè certamente non ritornerà più» essa si diceva, e quella era
l'unica via per l'Ottava Casella.
- Questo dev'essere il bosco, - disse meditabonda, - dove le cose non hanno nomi. Chi
sa che sarà del mio, quando c'entrerò! Non mi piacerebbe di perderlo... perchè
dovrebbero darmene un altro, e certo sarebbe brutto. Sarebbe divertente trovare la
creatura che portasse il mio vecchio nome. Proprio come i manifesti quando la gente perde
i cani: «Risponde al nome di Menelik: aveva un collare d'ottone»; figurarsi, chiamare
ogni cosa che s'incontra «Alice», finchè una risponde. Ma se fosse savia, non
risponderebbe affatto.
Divagava a questo modo, quando raggiunse il bosco, che le sembrò molto freddo e
ombroso. «Ma ad ogni modo è un gran conforto, - si diceva entrando sotto gli alberi, -
dopo tanto caldo, entrare nel... nel... che cosa?» ella continuò, piuttosto sorpresa di
non poter trovar la parola. «Vado sotto il... sotto il... sotto questo, sai» e mise la
mano sul tronco dell'albero. «Chi sa come si chiama! Credo che non abbia nome... sì,
certo, non l'ha.»
Stette silenziosa per un minuto a pensare; e poi ricominciò: «E allora è realmente
accaduto, dopo tutto. E ora, qual è il mio nome? Voglio ricordarlo, se posso. Sono
proprio decisa.» Ma l'essere decisa non significava nulla, e tutto ciò che poté dire,
dopo molto scervellarsi, fu: «Al, so che comincia per Al.»
Proprio in quel punto venne a passare una cerva, che guardò Alice coi suoi grandi
gentili occhi, ma non sembrò per nulla impaurita.
- Qua, qua! - disse Alice, sporgendo la mano e provando a carezzarla.
Ma quella diede un piccolo balzo, e poi la guardò calma di nuovo.
- Come ti chiami? - disse finalmente la Cerva, con una soavissima voce.
«Vorrei saperlo», pensava la povera Alice, e rispose tutta rattristata:
- In questo momento, nulla.
- Pensaci ancora, - disse la Cerva, - così non può essere.
Alice pensò ancora, ma non venne a capo di nulla.
- Per favore, e tu non puoi dirmi come ti chiami? - ella disse timidamente. - Forse
m'aiuteresti a ricordare il mio nome.
- Te lo dirò, se vieni un po' più oltre, disse la Cerva. - Qui non posso ricordarlo.
Così esse viaggiarono insieme per il bosco, Alice con le braccia strette
affettuosamente intorno al morbido collo della Cerva, finchè non arrivarono in un'altra
pianura, dove la Cerva balzò improvvisamente in aria e si liberò dal braccio di Alice.
- Io sono una Cerva, - esclamo con voce di gioia. - E povera me, tu sei una creatura
umana.
Tosto uno sguardo di sgomento apparve nei suoi begli occhi bruni, e l'istante dopo essa
s'era slanciata lontano a grande velocità.
Alice la seguì con lo sguardo, lì lì sul punto di scoppiare in lagrime per aver
perduta così improvvisamente quella piccola compagna di viaggio.
«Però, so il mio nome ora, - ella si disse: - questa è una consolazione. Alice...
Alice... non lo dimenticherò più [...]»."
Brano tratto da
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò di Lewis Carroll