giovedì 29 settembre 2016

Leggere le immagini #7 - CINEJ Cinema Journal

CINEJ Cinema Journal is a free, online and print, open access, peer-reviewed and refereed journal of Cinema. It is published by the University Library System, University of Pittsburgh -- cosponsored by University of Pittsburgh Press. CINEJ Cinema Journal is committed to publishing fresh and original research in the fields of film and media studies. Contributions are generally published within three month of final acceptance. The journal publishes essays on a wide variety of subjects from diverse methodological perspectives. Our board members are involved in various fields of study, including (but not limited to): Film Studies, Cinema Studies, Television Studies, Media Studies, Visual Arts, Cultural Studies, Film and Media History. The goals of CINEJ are to promote all areas of media studies to encourage and reward excellence in scholar writing. CINEJ is dedicated to strengthening the ties between the academic community and those who interact with it, and to promoting original research and the preservation of worlds film, television, video, and other media heritage. A key objective of CINEJ is toensure that the journal is made available to the widest range of readers in all nations and international institutions.
 
 
http://cinej.pitt.edu/ojs/index.php/cinej/index 

venerdì 22 luglio 2016

Leggere le immagini #6 - Alphaville

Alphaville is a fully peer-reviewed online journal edited and published by staff, PhD and postdoctoral researchers in Film and Screen Media at University College Cork, Ireland.

Alphaville offers a dynamic international forum open to the discussion of all aspects of film and screen media history, theory and criticism through multiple research methodologies and perspectives. It cultivates inspiring, cutting-edge research, and seeks work that displays a clear engagement with current debates and with methodological issues.

The journal is open access to make a full contribution to international debates in film and screen studies and beyond, and considers articles, book reviews and festival, exhibition and conference reports. We are interested in the interfaces between cinema and all new media, and aim to utilise the online platform to its full capacity.

http://www.alphavillejournal.com/index.html

giovedì 7 luglio 2016

Spettacoli da baraccone



Il cinema del Ferreri della prima metà dei Sessanta, è un cinema senza ombra di dubbio trasversale. Lo è in quanto non dispone il suo sistema stilistico in una sola dimensione, ma cerca di tastarne con grande capacità almeno due. È un cinema che si colloca infatti tra realismo e leggiadro surrealismo, tra naturalismo e grottesco. Come è stato giustamente scritto, “sviluppando all’estremo una situazione comune, Ferreri mostra come la vita quotidiana sia immersa in una sorta di fantascienza ordinaria. Inquietante nella sua familiarità, nel suo riempire lo schermo di mostri quotidiani, [il suo cinema] funziona come un sistema tra i più coerenti e si muove come un’astronave su una quota differente rispetto a quella tenuta da tutti gli altri autori coevi” (Gian Piero Brunetta, Il cinema italiano contemporaneo. Da “La dolce vita” a “Centochiodi", Roma-Bari, Laterza 2007). La storia di Antonio e Maria diventa così la perfetta esemplificazione di tutto ciò: in quello che è essenzialmente una sorta di divertissement neorealista, si innestano forti dosi di bizzarro, di curioso, di bislacco, che fanno lentamente perdere al film - soprattutto nelle sue sfumature - il contatto con il suo referente reale. Sta allora sicuramente nella costruzione dei due personaggi principali la caratteristica più interessante de La donna scimmia, nel suo riuscire a contenerli in qualche modo sempre con una notevole dose di ambiguità. Antonio infatti sfrutta Maria ma, con il trascorrere del tempo, riesce a dare quasi l’illusione di volerle un bene sincero; nelle lacrime versate immediatamente dopo la morte della moglie a causa del parto, c’è una sorta di strana affezione, quasi autentica, che poi naturalmente si dimostrerà falsa e dunque apparente, ma che in quel momento riesce perfettamente a ingannare lo spettatore e a trascinarlo, anche se brevemente, in uno spazio dalle sembianze onestamente drammatiche. Lo stesso vale per Maria: è timida, scontrosa e schiva, ma nella scena dello spogliarello nel cabaret francese, la sua sensualità esplode più prorompente che mai. Ferreri comprende benissimo che per rendere una storia simile avvincente e allo stesso tempo malsana, bisogna agire sui dettagli impercettibili, sugli aspetti non immediatamente visibili, sul non detto o sul non rivelato. Cerca perciò logicamente di giocare tutto questo sul campo dei caratteri dei personaggi, dimostrando di riuscirci come pochi altri hanno saputo fare prima di lui. 
Il film in Francia fu montato con un finale differente, nel quale Maria perde la peluria, salva il figlio e Antonio è costretto a trovarsi un lavoro per mantenere tutta la famiglia. Questo però non è il cinema di Ferreri, perché i dubbi, le confusioni e le ambiguità - quelle appunto di cui parlavamo prima - si dimostrano una solida impalcatura che fin dall’inizio è pensata dal regista milanese come qualcosa da distruggere. Il finale della versione italiana (quello voluto dallo stesso Ferreri) è costruito e concepito proprio per far cadere tutte quelle minime certezze che lo spettatore credeva ingenuamente di essersi “guadagnato”, per demolire insomma quei caratteri ambigui che lo tenevano ancora in sospeso facendogli sperare che tutto, in qualche maniera, avrebbe avuto un lieto fine. Ma così non è: il film si chiude con la donna e il bambino imbalsamati e resi ennesimo spettacolo da baraccone; lo spettatore però non potrà vederli, dimostrando quanto Ferreri sia stato uno dei pochi ad aver compreso l’essenza primigenia del più spietato tra i gesti che il cinema possa compiere: quello del non mostrare.

Pubblicato per la prima volta sul Catalogo del 34° Premio Sergio Amidei, Milano-Udine, Mimesis 2015.