sabato 13 aprile 2019

Onde di carta #2 - Tra sarcasmo e poesia


Se c’è un nome nella storia dell’animazione italiana che va assolutamente ricordato, ogni volta che anche solo si sfiori questo argomento, è senza il minimo dubbio quello di Bruno Bozzetto. Il suo talento sopraffino nel saper creare sempre un’intensa sintonia tra il tratto tipico del suo disegno e l’ironia pungente caratteristica dei suoi discorsi – spesso incentrati sull’alienazione dell’uomo e del suo traumatico rapporto con la società – è ciò che lo ha reso celebre.
Allegro non troppo, lungometraggio del 1976, che ricalca la struttura del celebre Fantasia di Walt Disney, ne è uno degli esempi più sopraffini. Suddiviso in sei episodi d’animazione, con intermezzi dal vero, è un film che punta tutto sullo scarto tra poesia e umorismo graffiante. Ogni episodio è infatti sempre sospeso tra la ricerca di un lirismo puro e un sarcasmo insinuante: pensiamo alla contrapposizione, nel primo episodio, tra il fauno e la donna-paesaggio sopra la quale vaga; oppure al terzo episodio nel quale, dal liquido rimasto in una bottiglia di coca-cola, comincia un viaggio evolutivo accompagnato dal Bolero di Ravel, che termina arcignamente sulla figura di un essere umano dominatore di ogni specie, e che scopriamo essere nient’altro che una scimmia. È come se i disegni animati di Bozzetto ci accarezzassero ogni volta con un guanto vellutato, indossato da una mano dolce e gentile che però appartiene a qualcuno il cui sogghigno, anche quando è impercettibile, non smette mai di esserci. Un’altra delle qualità maggiori dell’opera è che il girato dal vero non risulta in nessun modo formalmente antitetico rispetto a quello animato. Maurizio Nichetti, disegnatore il cui compito è quello di riuscire a creare sui vari temi musicali ogni volta “qualcosa di divertente”, è esso stesso un cartone animato: i suoi gesti, le sue movenze, il suo atteggiamento ne fanno una macchietta dall’imprevedibilità costante. Quello di Bozzetto è quindi un modo di fare animazione consapevole del fatto che il disegno possa celare già molto contenuto nella sua superficie (nella sua disposizione all’interno dello spazio che lo contiene) e che lo stupore che un’immagine animata può suscitare non dipenda necessariamente dalla quantità delle sue forme ma bensì dal modo nel quale le si caratterizza. Insomma, non si può che concordare con ciò che ha scritto Gianni Rondolino nella sua Storia del cinema d’animazione e cioè che i film di Bozzetto sono tra i risultati più significativi e originali non soltanto dell’animazione italiana, ma di quella mondiale degli anni Sessanta e Settanta.