sabato 15 settembre 2018

Onde di carta #1 - C'era una volta il passo uno

The Automatic Motorist (1911) - Walter Robert Booth

Si parla sempre molto di cinema d’animazione, ma si parla sempre troppo poco della sua storia e delle sue origini. Se volessimo posizionare un punto di partenza per questa storia, dovremmo sicuramente prestare orecchio ai primi vagiti di una delle più straordinarie tecniche di sempre: quella del passo uno. Come molti già sapranno, il passo uno (o stop-motion) è quella modalità di ripresa che consiste nel creare il movimento fotogramma per fotogramma. Tra i suoi pionieri troviamo alcune delle personalità più intriganti dell’intera storia del cinema. La cosa curiosa è che sono quasi tutte inglesi e questo – considerando in quale direzione andrà il cinema qualche anno più tardi – un po’ stupisce.
Sono essenzialmente quattro i nomi che ci interessano. Il primo è quello di Arthur Melbourne-Cooper, un fotografo di St Albans che nel 1899, a causa di una improvvisa necessità da parte del Regno di Gran Bretagna di reperire dei fiammiferi da inviare sul fronte africano durante la guerra anglo-bolera, realizzò un cortometraggio a passo uno - tale Matches’ Appeal - nel quale, appunto, dei fiammiferi vanno magicamente a unirsi per dare vita a dei simpatici omini che scrivono su una parete nera un appello per il reperimento del materiale. Opera sicuramente rudimentale, ma di notevole efficacia.
Il secondo nome è quello di Walter Robert Booth, che nel 1909 gira The Airship Destroyer (preludio ad altri suoi lavori che avranno a che fare sempre con macchine volanti), una cosa un po’ meliesiana sulla paura degli inglesi per un’invasione aerea, con dei dirigibili che attaccano il paese e che verranno fermati da un giovane eroe.
Il terzo protagonista è Edwin S. Porter, unico americano del lotto, famoso per The Great Train Robbery (praticamente il primo western della storia del cinema), nel 1907 gira The Teddy Bears nel quale è presente una sequenza in cui alcuni orsacchiotti giocattolo inscenano una danza più o meno acrobatica.
Infine, l’ultimo nome da considerare è senza dubbio quello di James Stuart Blackton, uomo dai tantissimi primati (come quello di essere stato uno dei primi a sperimentare l’uso del colore), che ha realizzato nel 1907 uno dei primi capolavori del genere, il fantastico The Haunted Hotel in cui un piccolo albergo e quasi tutti gli oggetti contenuti al suo interno vivono di vita propria. 
Rivedere oggi questi curiosi cortometraggi fa un certo effetto: è come se venissimo trasportati per mezzo delle immagini in un’epoca in cui la passione e la dedizione erano veramente l’arma in più di un artista-inventore. Io vi consiglio - nel caso non li abbiate mai visti - di dare un’occhiata (li trovate quasi tutti su YouTube o contenitori simili) e riflettere su quanto il tempo passi, ma l’arte resti grande. Come spesso ha sostenuto John Lasseter, “l’arte sfida la tecnologia e la tecnologia ispira l’arte”.

Pubblicato per la prima volta su Amianto, Numero 6, giugno 2018.

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